Le risposte e tutte le soluzioni ai dubbi e alle incertezze sul contratto per il diritto di superficie per l'iter autorizzativo dell'installazione di un impianto fotovoltaico. Dalla paura di restare vincolati senza alcuna garanzia fino a chi si occuperà dello smaltimento dell’impianto al termine dei 30 anni di affitto oppure ancora dalle tematiche dell’erogazione di caparre e canoni fino alle dinamiche del fallimento.
Abbiamo affrontato precedentemente in una delle nostre prime guide di approfondimento, la tematica del contratto preliminare per il diritto di superficie (se te la sei perso, clicca qui) per il fotovoltaico.
Vediamo invece di seguito quali sono i 5 tabù principali che ricorrono frequentemente in fase di trattativa tra una società operante nel settore e un proprietario di un terreno.
1. Resto vincolato per due anni senza alcuna garanzia
Se non hai mai sentito parlare dell’iter autorizzativo di un impianto fotovoltaico e la curiosità per una forma alternativa di rendita ti fa approcciare a questo mondo per la prima volta, sicuramente ti si drizzeranno le orecchie quando ti spiegheranno quanto tempo occorre prima di avere una garanzia di fattibilità certa da parte degli enti.
Infatti se da un lato le analisi tecniche e ambientali possono essere svolte da un ufficio tecnico in tempi contenuti , le autorizzazioni da parte degli enti richiedono tempi e procedure più complesse (se vuoi scoprire di più sui vari passaggi e le tempistiche , clicca qui): tra domanda di connessione e richiesta di Autorizzazione Unica in Regione , si calcola più o meno dai 2 fino a 3 anni di attesa.
Sfatiamo qui il primo tabù: il contratto preliminare per il diritto di superficie è un impegno di concessione se ci sono tutti gli elementi per procedere con lo sviluppo. In assenza di quegli elementi, non si può procedere con alcun tipo di sviluppo.
In quei due anni il proprietario , a seguito della firma del contratto preliminare, si impegna a concedere il proprio terreno solo se e quando lo sviluppatore avrà ottenuto tutte le autorizzazioni necessarie e in attesa di ottenere queste “risposte”, il terreno può essere sfruttato in qualsiasi altra modalità (coltivazione, pascolo, affitti a soggetti terzi privati per periodi temporanei e con condizioni risolutive).
2. Non do il mio terreno gratis, voglio essere pagato alla firma
Il fotovoltaico è una forma alternativa di rendita, ma diversamente da altre forme di rendita è sottoposta a tantissime variabili e complessità autorizzative.
In fase di firma del preliminare, uno sviluppatore non ha alcuna garanzia o certezza di fattibilità concreta del progetto ed è proprio per questo che l’erogazione di un acconto o caparra rispetto all’offerta fatta avviene solo quando si ha un po’ più di concretezza, ovvero in fase di accettazione della domanda di connessione (più o meno dopo 6/9 mesi dalla firma). Se la domanda di connessione non dovesse essere accettata, il contratto cessa di avere validità; se invece viene accettata, viene erogato un 10% circa dell’offerta ricevuta. Ed ecco qui il secondo tabù da sfatare, ovvero: “se firmo un contratto e vincolo il terreno, voglio essere pagato”.
Se ci fosse la sicurezza di poter sviluppare l'impianto fotovoltaico, nessuna società avrebbe l’interesse di non pagare un proprietario. Ma nel pratico, quello che accade è che una società spende una quantità economica ingente per portare ad autorizzazione un impianto fotovoltaico senza sapere se realmente l’investimento andrà a buon fine.
E’ ovvio che gioca un ruolo fondamentale la variabile del rischio: se la percentuale di rischio di un progetto è medio / elevata già dalle analisi di fattibilità e ambientali, probabilmente il proprietario non arriverà neanche in fase di firma del preliminare.
3. Le condizioni risolutive sono unilaterali
All’interno del contratto per il diritto di superficie per il fotovoltaico sono previste solitamente alcune condizioni risolutive da parte della società.
Una terza perplessità che viene esposta solitamente è che le condizioni risolutive dei preliminari sono unilaterali.
Sfatiamo un altro tabù: nella maggior parte degli standard contrattuali proposti è vero che le condizioni sono unilaterali, ma non dimentichiamoci che il proprietario non è partecipe dell’investimento (infatti non è richiesta alcuna spesa economica da parte dei proprietari in nessuna fase). Si tratta infatti semplicemente di una garanzia per la società, qualora durante l'iter autorizzativo dovessero emergere criticità invalidanti. Es: modifiche delle normative regionali e/o del sistema legislativo, crollo dei prezzi dell'energia, l'Autorizzazione Unica revocata, crollo dei prezzi dell'energia (accompagnato magari da un preventivo di connessione molto costoso).
La possibilità di uscita da parte della società è un diritto fondamentale: dalla presa in carico del progetto, il Promissario Superficiario inizia un percorso autorizzativo pieno di incertezze e di investimenti economici senza alcuna garanzia di riuscita e/o fattibilità del progetto. Questo diritto protegge il Promissario Superficiario da una serie di incognite, già anticipate sopra.
Al proprietario non spetta tale diritto di libera uscita semplicemente perché non andrà a sostenere alcun tipo di costo e il terreno è vincolato solo in funzione dell'avveramento di tutte le condizioni.
4. Al termine dei 30 anni sarà il proprietario a pagare lo smaltimento dell’impianto
La tematica dello smaltimento produce sempre non poche perplessità , in termini competenza (a chi spetta smaltire l’impianto) , responsabilità (chi lo paga) e garanzie (e se resta abbandonato sul mio terreno?)
Abbiamo creato una guida ad hoc per lo smaltimento degli impianti fotovoltaici , che ad oggi è un obbligo per legge. Tutti i contratti preliminari per il diritto di superficie prevedono coperture assicurative o fideiussioni relative allo smaltimento dell’impianto: questo genere di “garanzie” vengono fatte però in favore dell’Ente preposto allo smaltimento e non del proprietario.
Sfatiamo qui un altro tabù più comune: al proprietario non smetterà mai in nessun caso lo smaltimento dell’impianto perché non ne risulta proprietario. Una volta autorizzato l’impianto, viene creata una SPV (società per veicolo) ad hoc per l’impianto che risulta gestita al 100% dallo sviluppatore, che a sua volta risulta proprietario dell’impianto.
E’ specificato in tutti i contratti preliminari che il proprietario in nessun caso risulterà proprietario dell’impianto fotovoltaico e in quanto tale non risponde di queste responsabilità.
5. Se la società fallisce, resto vincolato con un impianto senza percepire un soldo
La durata trentennale dell’affitto per un impianto fotovoltaico innesca ovviamente nei proprietari l’incognita della solidità economica dello sviluppatore con cui si firma.
Dubbio legittimo e assolutamente comprensibile, ma anche qui sfatiamo un grande tabù: la rendita e quindi il canone di affitto deriva dalla producibilità dell’impianto, non dalla solidità economica dello sviluppatore con cui si firma e come abbiamo visto per ogni impianto viene fatta una società ad hoc (SPV) .
Se le incertezze sono presenti in fase autorizzativa, al contrario una volta autorizzato l’impianto nessuno avrà l’interesse di non gestirlo poiché fonte di guadagno.
E se la società fallisce? Se l’impianto è stato autorizzato, subentra un’altra società operante nel settore acquisendo diritti e oneri (la cessione del contratto è prevista in quasi tutti i preliminari di diritto di superficie); al contrario come anticipato sopra, cessano tutti i vincoli/impegni.