1. La crescente attenzione all’ambiente e la misurazione del consumo di suolo

Nel corso degli ultimi decenni è cresciuta progressivamente l’attenzione all’ambiente a tutti i livelli, a partire dalle principali istituzioni internazionali e nazionali, fino al consumatore.Tra i vari strumenti per far fronte ai cambiamenti climatici in corso per effetto delle attività umane vi è senz’altro la verifica regolare della salute del territorio e dello stato delle caratteristiche ambientali che lo contraddistinguono.È questo l’ambito in cui si muove la misurazione del consumo di suolo. Il suolo è un elemento di grande rilievo per l’ambiente. Esso si può definire come lo strato superiore della crosta terrestre, costituito da componenti minerali, materia organica, acqua, aria e organismi viventi. Rappresenta l’interfaccia tra terra, aria e acqua, ospitando gran parte della biosfera.L’attività umana porta al consumo del suolo, ad esempio attraverso l’edificazione di immobili e strade, che comportano la copertura del suolo con cementi ed altri materiali.L’edizione 2023 del Rapporto “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” preparato dal Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (SNPA) è la decima edizione del rapporto e fornisce il quadro aggiornato dei processi di trasformazione del territorio italiano, che continuano a causare la perdita di suolo, con le sue funzioni e i relativi servizi ecosistemici. Il Rapporto analizza l’evoluzione del territorio e del consumo di suolo entro un quadro più ampio di analisi delle dinamiche che interessano le aree urbane, agricole e naturali ai diversi livelli, attraverso indicatori utili a valutare le caratteristiche e le tendenze in atto, della crescita urbana e delle trasformazioni del paesaggio, ma anche dell’evoluzione, della distribuzione e delle caratteristiche della vegetazione, fornendo valutazioni sull’impatto della crescita della copertura artificiale del suolo, con particolare attenzione alle funzioni naturali che si considerano minacciate o perdute.Il consumo di suolo può essere definito come la variazione da una copertura non artificiale (suolo non consumato) a una copertura artificiale del suolo (suolo consumato)1.


1Questa definizione della nozione di consumo di suolo è tratta dal rapporto SNPA e può essere consultata nel glossario delle definizioni utilizzate nel medesimo rapporto sul sito www.consumosuolo.isprambiente.it.

2. Fotovoltaico: è veramente consumo di suolo?

Anche il fotovoltaico ha conosciuto uno sviluppo molto rilevante nel contesto storico attuale, contraddistinto da una grande attenzione all’ambiente. Come noto infatti, i parchi fotovoltaici costituiscono una tra le principali soluzioni per l’ottenimento di energia pulita, poiché non ottenuta bruciando fonti fossili come carbone e petrolio, bensì sfruttando l’energia del sole per ottenere energia elettrica pulita, in tal modo evitando i costi sociali dell’inquinamento dell’ambiente.

In Italia, il Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec), nel suo aggiornamento di luglio 2024, prevede con orizzonte 2030 l’installazione di 131 GW di impianti rinnovabili (di cui circa 80 GW fotovoltaici, 28 GW eolici e oltre 19 dall’idrico). Allo scopo di raggiungere la cd. neutralità climatica entro il 2050 e di ridurre del 55% le emissioni di gas serra entro il 2030 (rispetto ai livelli del 1990, cfr. pacchetto ‘Fit-for-55′, nell’ambito del cd. Green Deal proposto dall’Unione europea), sono state imposte delle accelerazioni alle misure di mitigazione delle emissioni, con il fotovoltaico in prima linea.

Vediamo ora in che misura il fotovoltaico è suscettibile di influire sul consumo di suolo.

A tal fine, è fondamentale una distinzione illustrata nel rapporto di SNPA tra due diverse forme di consumo di suolo: 

  • il consumo di suolo permanente (dovuto a una copertura artificiale permanente) e 
  • il consumo di suolo reversibile (dovuto a una copertura artificiale reversibile), 

Questa distinzione risulta di fondamentale importanza per comprendere il reale impatto che può avere una tecnologia come il fotovoltaico sul suolo e in particolare sul suo consumo. L’installazione di un sistema fotovoltaico, infatti, non comporta un consumo di suolo permanente, ovvero irreversibile, come può capitare invece ad esempio quando si edifichi una casa su uno spazio precedentemente occupato da terreno agricolo. In tale esempio, la costruzione delle fondamenta comporta appositi scavi e il riempimento dello spazio di suolo utilizzato con cementi ed altri materiali che impermeabilizzano il suolo in modo pressoché irreversibile.

Al contrario, l’installazione di un parco fotovoltaico non ha gravi conseguenze per il suolo. Per installare un impianto fotovoltaico è sufficiente, infatti, montare uno o più pali (rimovibili) direttamente al terreno – a seconda delle dimensioni del parco fotovoltaico. Inoltre, poiché i pannelli devono essere sollevati dal suolo, questi non poggiano direttamente sul terreno, permettendogli così di continuare a “respirare”. 

Queste sono le ragioni che hanno spinto una coalizione di associazioni ed enti attivi nella tutela dell’ambiente e nella promozione delle rinnovabili alla presentazione di un appello a ISPRA affinché, tenendo conto delle caratteristiche dei parchi fotovoltaici e dei loro effetti positivi per l’ambiente, non considerino l’installazione di nuovi impianti fotovoltaico quale consumo di suolo. Come si legge nell’appello, il fotovoltaico “non può essere assolutamente considerato consumo di suolo al pari della cementificazione poiché non impermeabilizza i suoli, non intacca la biodiversità, non possiede strutture inamovibili e, una volta rimosso, non lascia tracce sui terreni”2.

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Il rapporto 2023 di SNPA include interessanti statistiche sui nuovi parchi fotovoltaici installati a terra tra il 2021 e il 2022, per un totale di 243 ettari, pari a una potenza di circa 135 Megawatt. Questo dato è in linea con i numeri del 2020 (241 ettari) e del 2019 (246). Molto diversi invece i numeri registrati nel 2021 (70 ettari) che sono naturalmente influenzati dallo stop forzato causato dal Covid. 

La regione in cui si è destinato più suolo al fotovoltaico tra il 2021 e il 2022 è la Sardegna (oltre 91 ettari), seguita da Sicilia (59 ettari) e Lazio (56).


2I firmatari dell’appello sono: Cittadini per l’Italia Rinnovabile, Ecofuturo, Ecolobby, Gruppo Nazionale Scientifico di Extinction Rebellion, Coordinamento Free, Associazione Giga, Greenpeace Italia, Italia Solare, Kyoto Club, Legambiente Italia, Rinascimento Green, R’innova Palermo, Vas (Verdi Ambiente e Società), WWF Italia.

3. Ulteriori soluzioni: fotovoltaico su coperture e agrivoltaico

Proseguendo, è bene inoltre ricordare che oltre al fotovoltaico su terreno, ne esistono altre forme che consentono di evitare il consumo del suolo. 

La prima di tali soluzioni è costituita dal fotovoltaico installato su tetti, in aree industriali, o in altre aree in cui il suolo è stato già occupato da una precedente attività. 

Il PNIEC promuove questo approccio, ispirato alla riduzione del consumo di territorio, indirizzando il significativo incremento del fotovoltaico previsto per il 2030, promuovendone l’installazione innanzitutto su terreni edificati, tettoie, parcheggi e aree di servizio. Anche con riferimento ai grandi impianti fotovoltaici, con posizionamento a terra, il PNIEC adotta soluzioni volte ad evitare per quanto possibile il consumo di suolo, privilegiando l’utilizzo di zone improduttive, non destinate ad altri usi, come le superfici non utilizzabili a uso agricolo. 

Un’ulteriore possibilità che non comporta consumo di suolo è costituita poi dall’agrivoltaico. L’agrivoltaico (o agrifotovoltaico) è una tecnologia di recente introduzione ed in forte espansione, che si caratterizza per uno sfruttamento dei terreni agricoli che è possibile definire di tipo ibrido, poiché permette di combinare sul terreno ove venga installato il parco fotovoltaico sia la coltivazione agricola che la produzione di energia elettrica da energia solare.

L’agrivoltaico è pertanto una forma particolare di fotovoltaico, che non comporta consumo di suolo. Nel caso dell’agrivoltaico, infatti, l'impianto per la produzione di energia elettrica viene posizionato su pali più alti rispetto a quel che avviene per il fotovoltaico. Inoltre, i pali sono ben distanziati tra loro, in modo da consentire il passaggio delle macchine agricole. Questi elementi consentono alla superficie del terreno di restare permeabile, dunque raggiungibile dal sole e dalla pioggia. Il terreno rimane dunque pienamente utilizzabile per le normali esigenze della coltivazione agricola3.

Si può dunque concludere che, da un lato, i sistemi fotovoltaici non comportano consumo di suolo perché non ne comportano una trasformazione irrimediabile, come avviene invece quando si costruisca un immobile o altri manufatti simili. Al più, si potrà parlare di un consumo reversibile del suolo, perché una volta finita la vita utile dell’impianto, si potrà smontare e restituire il terreno – ad esempio – all’attività agricola. Inoltre, quando si considera questo uso del suolo, occorre tener conto degli effetti positivi per l’ambiente dell’installazione di nuova capacità fotovoltaica, che contribuisce a rendere il mix energetico nazionale più verde. Infine, esistono varie ed efficaci soluzioni per sfruttare le potenzialità del fotovoltaico senza utilizzare in alcun modo suolo: l’installazione su coperture e i sistemi agrivoltaici.


3Per la distinzione tra fotovoltaico e agrifotovoltaico, si veda la sentenza del Consiglio di Stato, n. 8029 del 20 agosto 2023.

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